dal 20 Maggio al 17 Giugno 2017
Mostra e testo critico a cura di Luca Panaro
Nelle mostre d’arte, sulle riviste di fotografia, su Instagram, vediamo tutti i giorni apparire immagini nuove, silenti, dove l’universale è compreso nel particolare, accomunate da una narrazione differente da quella tradizionale, senza i personaggi e i luoghi a cui eravamo abituati. L’immagine è piuttosto costituita da porzioni di spazio, complice un racconto “aperto” che lascia al singolo fruitore la decisione di uno dei possibili significati. Questa nuova estetica entra ed esce dai nostri occhi con estrema disinvoltura, come mai la storia dell’immagine aveva testimoniato. Se sfogliamo i manuali classici, infatti, incontriamo prevalentemente fotografie di paesaggio, ritratti, vedute d’insieme, fatte ovviamente le dovute eccezioni. Oggi i generi del passato convivono tra loro, ma al tempo stesso si fa strada la possibilità offerta dalla fotocamera oppure dallo scanner di chiudere il campo visivo, una particolarità del mezzo, un suo peculiare regime percettivo. Dunque inquadrature strette e verticali, immagini piatte senza sfondamento prospettico, grandi le dimensioni. Le fotografie non sono più “finestre” a cui affacciarsi, sono piuttosto delle “porte” che lo spettatore può attraversare. La perdita dei riferimenti culturali e sociali del soggetto ripreso fa parte del gioco, la fotografia esce da ogni cliché, a volte compresa la necessità di un contenuto esplicito. L’immagine contemporanea è l’espressione diretta della società della trasparenza, così come la definisce il filosofo coreano Byung-Chul Han, un luogo che si presenta come “un’apparizione di superfici”. Sono proprio quest’ultime a interessare la mostra di Giulia Flavia Baczynski, a testimoniare uno dei probabili cambiamenti iconografici in corso. Le fotografie che compongono la serie Carta fisica della terra sembrano dei “rilievi diretti”, lontani però dall’essere considerati un documento, chiedono di essere guardate senza gli occhiali della storia. Le opere esposte sono ottenute dall’artista modellando sapientemente fogli di carta da lucido, secondo un processo d’increspatura controllata che proietta l’osservatore nell’esplorazione di territori immaginari: i rilievi e gli avvallamenti ritratti hanno infatti l’aspetto di una mappa geografica del nostro pianeta. In seguito a questo svolgimento, Baczynski riproduce la carta avvalendosi di uno scanner piano con un adattatore per trasparenze, così da registrare il supporto attraversato dalla luce come accade normalmente all’occhio umano. Soltanto a questo punto il file ottenuto è stampato a getto d’inchiostro e in grandi dimensioni. Infine l’installazione, un insieme d’immagini nello spazio espositivo, favorisce un’esperienza immersiva tanto illusoria quanto reale.
www.giuliabaczynski.it